10 Aprile 2020

Il mondo dell’abbigliamento è in rivoluzione

La parola inquinamento fa parte del nostro vocabolario, ma mai come oggi ha acquistato una
posizione centrale nella nostra dialettica, nel nostro modo di pensare e anche, per fortuna, nel nostro
modo di agire. Questo termine è tanto popolare quanto indefinito. Cosa vuol dire davvero? Cosa
inquina? Cosa si può fare per contenere la sua anima distruttiva?
Basta fare un passo indietro nel tempo, quando la rivoluzione industriale ha cambiato la vita del
mondo intero facendo nascere fabbriche, produzione in serie, benessere e posti di lavoro, ma
insieme fumi neri, composti chimici, scarti di lavorazione. All’ora non era nemmeno considerato un
aspetto negativo, era così e basta. La produzione è diventata sempre più massiva fino ad arrivare
alla cultura dell’usa e getta alla fine del secolo scorso. Produrre, produrre, produrre per poi buttare
via e ricominciare da capo. Oggi questo discorso sembra così insensato che si sta cercando di
correre ai ripari, tamponando dove e come si può e cominciando a lavorare su strategie vere e
proprie che abbiano al centro il tema della sostenibilità.
Negli ultimi decenni è esploso il fast fashion, le catene di abbigliamento a basso costo grazie a cui
abbiamo potuto riempire i nostri armadi di vestiti e dunque di metri e metri di tessuti altamente
nocivi per l’ambiente e anche per la nostra salute. Abbigliamento contaminato da sostanze tossiche
scatenanti sempre più casi di allergie e dermatiti della pelle. Sì, perché l’industria tessile è seconda a
livello mondiale per tasso di inquinamento ambientale e inoltre è un settore che fa registrare un alto
grado di sfruttamento del lavoro visto che la maggior parte del reparto produttivo tessile è collocato
in Paesi del terzo mondo. Molti lavoratori di questo mercato ricevono paghe miseramente basse, in
condizioni di lavoro pessime, donne sfruttate sessualmente e bambini obbligati a lavorare
duramente.

Per questo parlare di moda oggi non può prescindere da includere la sostenibilità tra i suoi topics.
Un trend che fa bene a persone, ambiente e alla coscienza collettiva e che coinvolge un settore,
quello dell’abbigliamento, che si iscrive da anni tra i più “energivori” e inquinanti al mondo. La
produzione di capi d’abbigliamento, che include la tintura, la creazione di scarti e rifiuti, ha
raggiunto un livello critico che ha richiesto un necessario cambio di rotta.
Discorso questo che vale per il mondo moda, ma anche per quello più tecnico sportivo, legato
all’abbigliamento che deve dare importanza particolare alla performance, come quello pensato per
la montagna e il mondo outdoor in generale.

ISPO 2020

C’è un appuntamento che si rinnova di anno in anno fino ad arrivare nel 2020 a compiere i suoi
primi 50 anni e che si fa vetrina delle tendenze del mondo dell’outdoor e degli sport invernali. Si
tratta di ISPO, fiera che anime le sale di Monaco Fiere e che quest’anno ha aperto le sue porte a fine
gennaio in una Monaco di Baviera particolarmente mite. La sport industry ha dato prova della sua
spinta rivoluzionaria con un’attenzione particolare ai materiali utilizzati, senza dimenticare
performance e funzionalità.
"Il mondo sta attraversando un radicale cambiamento sociale", afferma il presidente e ceo di Messe
München Klaus Dittrich. “Gli sviluppi come i cambiamenti climatici, la globalizzazione e la
polarizzazione nelle nostre società sono così profondi da innescare discussioni in termini globali.
Dobbiamo trovare soluzioni a questi problemi prima che sia troppo tardi", conclude.

Il fatto che sia proprio il ceo dell’evento a fare queste dichiarazioni, mette l’accento sulla
responsabilità dell’industria degli articoli sportivi e i suoi processi produttivi che devono diventare
anno dopo anno sempre più sostenibili. Concetto centrale è quello dell’economia circolare che
comprende l’intero ciclo di vita di un prodotto. Così alle giacche confezionate a partire dalla plastica
recuperata dai mari a scarpe da corsa vegane, quello che è emerso è che se l’industria sta cambiando
in termini di responsabilità ambientale, anche il consumatore moderno è molto più attento e
preparato di una volta e per questo vuole qualcosa di più di una semplice etichetta. Il concetto di
sostenibilità si è ulteriormente allargato e comprende oggi anche concetti come sostenibilità sociale
verso i dipendenti e dunque il fattore umano e un’attenzione alle linee distributive del prodotto
stesso.

PFC e ingredient al centro

Non solo prodotto finito, oggi l’attenzione è incentrata molto anche sui componenti di ogni singolo
capo: così negli zaini le imbottiture degli spallacci sono fatte di schiume di alghe, l’isolamento dei
piumini in fibra biodegradabile, le scarpe da corsa composte da pezzi di materiale naturale o
riciclato come canna da zucchero, olio di banana e scarti di riso. E allo stesso tempo le aziende
cominciano a studiare internamente delle soluzioni per liberare le membrane impermeabili dal PFC,
i polifluorocarburi che hanno scatenato grandissime polemiche negli ultimi anni perché rilasciati
nell’ambiente dalle giacche impermeabili deturpando la montagna. Così i grandi brand come The
North Face, Salewa, Hally Hansen e Picture, per citarne qualcuno, hanno lavorato in questa
direzione al fine di creare la propria personale membrana con uno studio approfondito e diversi anni
di sperimentazione.
Sempre secondo quanto emerso da questa fiera, i megatrend nei prossimi 10-15 anni includeranno
la neo-ecologia, la digitalizzazione e la mobilità. Gli sviluppi globali continueranno a provocare
tendenze socioculturali e, a loro volta, tendenze dei consumatori. L’industria tessile in particolare
sta esplorando nuove strade e sta inventando tecnologie sempre più innovative, sofisticate e
intelligenti che assicurano che l’abbigliamento outdoor sia altamente funzionale ma anche ecologico
sostenibile. Inoltre l’intero settore sta registrando un numero crescente di sviluppi positivi anche nel settore dell’hardware.
Infine, le biciclette del futuro, soprattutto quelle a pedalata assistita, svolgeranno un ruolo crescente
nell’ambito dei megatrend della digitalizzazione e della mobilità: in primo luogo perché
trasformeranno completamente la mobilità in città e in secondo luogo perché la nuova "mobilità
intelligente" sarà in grado di combinare sport e sostenibilità.